Sanità sempre più cara in Italia, anziani in fuga


Ianzianin fuga dal Servizio sanitario nazionale. Si tratta di numerosi anziani costretti a curarsi nei paesi low cost, perché non in grado di supportare una spesa medica. La fotografia la scatta Fipac Confesercenti in un Dossier che ha l’obiettivo di sensibilizzare l’opinione pubblica e le autorità sanitarie e di governo sul problema della povertà sanitaria.

Gli over 65, sottolinea Fipac Confesercenti, strangolati da pensioni minime, impossibilitati ad affrontare i rincari dei costi di ticket e farmaci, sono ormai in fuga dal Servizio sanitario nazionale. Il Censis denuncia che, a causa dei costi della sanità, sono oltre nove milioni gli italiani che hanno rinunciato a curarsi: rimandano visite e interventi, si rassegnano ad aspettare tempi biblici per esami diagnostici, non acquistano i farmaci che non sono rimborsabili dal SSN, di questi ben due milioni sono anziani, vale a dire quelli che ne avrebbero più bisogno. Un grave problema sociale, paradossale, se rapportato al costo del Sistema sanitario nazionale e ai tanti sprechi e scandali di cui è costellata la sanità pubblica in Italia, di cui la cronaca, anche giudiziaria, si è più volte occupata.

E le strade che i pensionati percorrono, per raggirare costi e lungaggini sono tre: le cure nei Paesi low cost, il trasferimento all’estero e l’utilizzo di Ambulatori sociali.

Il fenomeno delle cure low cost all’estero, negli ultimi cinque anni è cresciuto del 20% ed ha coinvolto circa 400 mila anziani che, a causa della scarsa capacità di acquisto delle pensioni, non riescono a pagare le cure necessarie e mantenere un adeguato livello di vita e per questo si sono trasferiti nei paesi low cost. Ad oggi, è stato stimato che circa 270.000 degli anziani coinvolti nelle fughe all’estero percepiscono una pensione che va da 650 a 1000 euro, mentre 130.000 fra 1000 e 1500. A spostarsi in Romania, Cipro, Malta, Slovenia, Canarie, non è più quella classe medio alta in cerca di specialistiche e costose cure mediche, ma una fascia media sempre più impoverita dalla crisi. La Romania, si conferma meta ambita per le cure odontoiatriche. E’ indubbio poi che i tempi della sanità pubblica sono lunghissimi: si può anche attendere oltre 5 mesi per un ecodoppler, 360 giorni per una mammografia, 225 per una visita cardiologica.

Accanto alla rinuncia delle cure, sta crescendo un nuovo fenomeno: la “fuga” all’estero. Il costo della vita ed i prezzi che aumentano giorno per giorno, spingono gli anziani verso paesi caldi ed a “basso costo”. Tra queste una delle mete preferite sono le Canarie. Isole calde, vicine, europee e soprattutto economiche. Qui, vivono già circa 20.000 connazionali e le cure mediche seguono gli standard europei. Si può accedere anche con una semplice polizza medica privata che prevede una copertura totale per la modica cifra di 40-80 euro al mese. A favorire il basso costo delle cure è l’Iva al 4 per cento. L’Inps certifica che i pensionati residenti all’estero erano 300.000 nel 2011. Questo numero, secondo i dati di Eurostat, è salito, nel 2012 a 400.000. Il trend, visto il perdurare delle difficoltà economiche è previsto i crescita anche nel 2013 e nel 2014.

Secondo gli ultimi dati disponibili , il 75% della popolazione anziana, preferisce restare in Europa, privilegiando le Canarie, come si è visto, seguite da Grecia e Cipro. Tanti anche quelli che scelgono altre località, Marocco e Tunisia in Africa, Thailandia e Filippine in Asia, Repubblica Domenicana e Costarica nelle Americhe.

Si tratta di un fenomeno nazionale, sebbene siano i pensionati residenti al nord, sia per questione di reddito che per ragioni climatiche, che si spostano di più. In Lombardia, per esempio, gli iscritti all’Anagrafe residenti all’Estero è passata dal 2010 al 2012 da poco più di 50.000, ad oltre 56.000. A questi vanno aggiunti tutti coloro che “svernano” in Tunisia, Marocco, Canarie, passando in quei luoghi lunghe “villeggiature” e provando ad adattarsi alla lontananza dall’Italia e dai familiari.

Infine, gli ambulatori sociali, in aumento con l’incrementarsi della povertà di fronte a farmaci sempre più cari e cure mediche considerate ormai un lusso. La povertà sanitaria è negli ultimi 7 anni, secondo l’Istat più che raddoppiata e gli ambulatori sociali, spesso portati avanti con il contributo di volontari, provano a supplire o a fare da ponte con il Servizio sanitario nazionale. “Una goccia nel mare – scrive la Fipac Confesercenti – ma che si scopre sempre più essenziale in un momento in cui per la crisi molti italiani rinunciano a curarsi per problemi economici”.

Da Milano a Roma, passando per Firenze e Padova, gli ambulatori dedicati a chi non può permettersi le cure sono in continuo aumento. Pensati in origine solo per gli stranieri che arrivavano in Italia, oggi forniscono prestazioni anche ai connazionali che chiedono prevalentemente i farmaci da banco e inacquistabili per i livelli pensionistici e la povertà sanitaria cui molti pensionati sono costretti.

Anche sul versante fermaci il no profit tende a supplire alla carenze del SSN. Secondo i dati del Censis il 28% degli anziani, uno su cinque, ha ridotto l’acquisto di farmaci pagati di tasca propria. I numeri del Censis sono confermati dai volontari della Fondazione Banco Farmaceutico: “il bisogno di farmaci non riguarda più solo immigrati e profughi, ma un numero crescente di italiani. Ci sono persone che non hanno i soldi neppure per comprare uno sciroppo, rischiando tra l’altro di peggiorare il suo stato di salute”. L’Italia non sembra essere un paese per over 65, eppure, in dieci anni la popolazione anziana è cresciuta del 15,8 per cento, mentre il welfare ha subito numerosi tagli. Non c’è da stupirsi dunque per la crescita esponenziale dei poliambulatori sociali, e per l’aumento dei suoi fruitori anche tra gli italiani.

Fonte: www.tmnews.it


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